Con il termine bullismo si intende definire un comportamento aggressivo, ripetuto nel tempo, nei confronti di chi non è in grado di difendersi. I ruoli del bullismo sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e/o psicologicamente; dall’altra parte la vittima, colui che invece subisce tali atteggiamenti. Con cyberbullismo invece si intendono le azioni che avvengono attraverso varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo, contro una vittima che non può facilmente difendersi. Nel cyberbullismo a differenza del bullismo il bullo può mantenere l’anonimato, ha un pubblico più vasto e può controllare le informazioni della vittima.
Bullismo e cyberbullismo sembrano essere spie di un malessere sociale. Sono una forma di disagio relazionale non circoscritto a una categoria sociale. Si manifestano soprattutto tra bambini, adolescenti e giovani, ma sono presenti anche tra gli adulti, in particolare sul luogo di lavoro.
Non possiamo definire con certezza i fattori che stanno alla base dei comportamenti sopra descritti, ma partendo dagli studi sull’attaccamento portati avanti da Ainsworth e Bowlby, ricerche hanno evidenziato che bambini con attaccamento insicuro-evitante hanno più probabilità di mettere in atto comportamenti di prepotenza verso i pari, in quanto non sviluppando atteggiamenti di fiducia verso gli altri si aspettano risposte ostili. I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente invece si ritrovano più facilmente nel ruolo di vittima in quanto, avendo poca fiducia e stima in se stessi, risultano insicuri e ansiosi.
Riguardo al “bullo” potremmo ipotizzare che se un bambino si costruisce come persona che riceve poco amore, poca cura e che non sente attorno a sé dei confini che lo limitano, potrebbe sviluppare un modello aggressivo di comportamento orientato a manipolare le situazioni a proprio vantaggio, ignorando il disagio della vittima e non accettando le responsabilità delle proprie azioni.
In relazione alla vittima alcuni dei segnali che possono insospettire i genitori in relazione a tale problema possono essere:
- Utilizzo eccessivo o rifiuto ad usare internet
- Cambiamenti nell’umore o nei comportamenti
- Disturbi del sonno, dell’alimentazione o psicosomatici
- Mancanza di interesse verso eventi sociali che includono coetanei
- Inspiegabili perdite di oggetti personali o danaro
In queste circostanze, cosa fare? I genitori possono interessarsi al comportamento dei propri figli in classe, dato che non sempre rispetta quello che viene tenuto a casa. Se vengono a sapere che il proprio figlio subisce prepotenze o ha atteggiamenti da bullo, devono rivolgersi a insegnanti e dirigente affinché possano intervenire. Risulta inoltre utile informarsi su numeri verdi, associazioni, professionisti esperti a cui potersi rivolgere. Nella relazione col figlio fondamentale è l’ascolto, il dialogo, la fiducia e la non negazione del problema.
Per aiutare i propri figli ci sono informazioni che è opportuno comunicare:
Ad esempio far presente che chi è vittima di prepotenze potrebbe avere la percezione di valere poco, di essere triste, arrabbiato, di sentirsi poco bene, di non avere desideri normali per l’età. Queste informazioni forniscono una difesa, in quanto il ragazzo non si sentirà “sbagliato”, ma saprà dare un nome alle sue difficoltà.
I genitori possono anche dare dei suggerimenti pratici:
- Se incontri un bullo ignoralo
- Se ti importuna digli “basta!” e allontanati
- Rispondi in modo divertente come se fosse un gioco
- Evita di stare da solo con un bullo nei paraggi
- Confidati con qualcuno e chiedi aiuto
- Sii sicuro di te e non farti vedere infastidito per quello che fa
- Racconta sempre tutto ai genitori o a un adulto di fiducia.
I genitori del bullo si trovano spesso ad avere a che fare con ragazzi aggressivi che in genere hanno difficoltà a rispettare le regole. È auspicabile quindi che, assieme al ragazzo, fissino poche ma importanti regole con le rispettive sanzioni in caso di mancato rispetto, così da responsabilizzare il figlio sulle possibili conseguenze delle sue azioni. Per una migliore conoscenza della personalità del figlio è opportuno conoscere gli amici che frequenta e sapere cosa fanno usualmente. Con una maggiore conoscenza dei propri figli è anche possibile indirizzare l’aggressività verso forme di attività più costruttive.
Anche i genitori della vittima devono mettere in atto azioni volte alla valorizzazione dei punti di forza del figlio aiutandolo a migliorare le sue abilità sociali, ad inserirsi e affermarsi nel gruppo dei pari.
Non sempre la famiglia da sola riesce a dare una svolta decisiva al problema, spesso le dinamiche di sempre si ripropongono e senza una diversa visione della situazione è facile ricadere nei medesimi atteggiamenti. Per questi motivi può essere utile l’intervento di un esperto di relazioni familiari (psicologo), provate a immaginare, solo come esempio, genitori con atteggiamenti troppo protettivi che potrebbero non riuscire a creare le facilitazioni di socializzazione auspicate. Uno psicologo può inoltre essere d’aiuto in quei casi dove gli episodi di bullismo o cyber bullismo si sono già verificati e si necessita di un sostegno specifico.